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martedì 13 maggio 2008

Governo. Evocazioni e dubbi di piani Marshall per Napoli

lunedì 12 maggio 2008 PDF Stampa E-mail
 

marshall.jpgdi GIUSEPPE RIPPA

«Prendo un impegno: il presidente del Consiglio sarà qui a Napoli a lavorare per la città e per risolvere il problema rifiuti. Il primo consiglio dei ministri si terrà a Napoli. Il posto di lavoro del presidente del consiglio sarà a Napoli, in prefettura, finchè in città non tornerà la normalità»: così l'attuale premier Silvio Berlusconi aveva dichiarato in piazza del Plebiscito durante i giorni infuocati della campagna elettorale dello scorso aprile.

Il successo netto della coalizione del Cavaliere porta queste frasi nell'attualità di una città che resta ancora piegata nella sua crisi e, a giudicare dalle dichiarazioni dei leader locali della nuova maggioranza nazionale di centrodestra e dell'opposizione di centrosinistra, ancora legata all'auspicato intervento esterno capace di avviare una ripresa che non riesce a prendere forma.

Mancano pochi ore alla conclusione dei 120 giorni della nomina finalizzata di Gianni De Gennaro a commissario straordinario per  l'apertura di tre termovalorizzatori e di "un numero sufficiente di discariche tali da consentire l'autosufficienza regionale a medio termine nella gestione dei rifiuti", il ''concorso qualificato delle forze armate, nelle situazioni di straordinaria necessità e urgenza" per il rapido superamento dell'emergenza, quattro mesi per avviare la raccolta differenziata, scaduti i quali i Comuni inadempienti verranno commissariati.

La situazione è di nuovo grave, né si intravedono soluzioni per una Regione che, secondo Vito Amendolara, presidente dell'Osservatorio Ambiente e Territorio, ha 200 mila ettari di terreno inquinato ed un alto tasso di cancerosità.

Ma proprio la riunione del Consiglio dei Ministri - che tra l'altro dovrà discutere altri urgenti provvedimenti di politica nazionale, dalla sicurezza ai temi della crisi economia - continua, come detto a suscitare il tradizionale e esasperante profluvio di parole dall'effetto tanto roboante quanto inefficace.

Si starebbe ventilando un accordo bipartisan - scriveva qualche giorno fa Alfonso Maffettone su "Italia estera" - per salvare Napoli e la Campania dalla crisi dei rifiuti che ha avuto una recrudescenza in questi giorni con l'accumulo di cinque tonnellate di spazzatura al minuto e tensioni a Chiaiano, il quartiere di Napoli che, come Pianura, rifiuta l'allestimento di una megadiscarica sul proprio territorio.

Lo stato delle cose non sembra mutato di molto dall'inizio della crisi ultima che ha buttato la città nella più squalificante immagine di "città della monnezza", secondo il decalogo recitato in tutte le capitali del mondo che dalle immagini della città circondata dai rifiuti sono state investite, con un ritorno devastante per una comunità come quella napoletana che di turismo e di prodotti tipici agroalimentari e del latte vive.

Ovviamente, nel più classico degli scenari retorici, si ripropongono ipotesi di progettualità politiche di non comprensibile definizione in termini di governo della situazione. Con strana assenza di buon senso si fa ricorso a ritornelli del tipo "la questione dei rifiuti dall'emergenza alla normalità", come se tutta la condizione politica che sottende la catastrofica situazione napoletana e campana fosse riducibile ad una vaniloquio che non chiarisce il come, con quali passaggi politici-istituzionali e con quale credibile autorevolezza nel contesto di un'insieme di contraddizioni che hanno stratificato responsabilità reciproche tra classe politica e cittadinanza. Ovviamente con livelli di responsabilità diversi, ma con un gioco di reciproci rimandi e vizi che non si osa nemmeno citare.

Di moda nel linguaggio di questi giorni è il riferimento al piano Marshall (quello per intenderci che definiva la decisione degli Stati Uniti di avviare l'elaborazione e l'attuazione di un piano di aiuti economico-finanziari per l'Europa).

George Marshall - riporta dettagliatamente l'enciclopedia web Wikipedia - affermò, in quell'occasione, che l'Europa avrebbe avuto bisogno, almeno per altri 3-4 anni, di ingenti aiuti da parte statunitense e che, senza di essi, la gran parte del Continente avrebbe conosciuto un gravissimo deterioramento delle condizioni politiche, economiche e sociali. Pur rimanendo sul vago, relativamente a quelli che avrebbero dovuto essere i caratteri del Piano, il segretario di Stato si augurò che da esso sarebbe potuta scaturire non solo una nuova e più proficua epoca nella collaborazione tra le due sponde dell'Atlantico, ma anche una prima realizzazione di quei progetti europeisti fino ad allora caratterizzati da un certa vaghezza utopistica.

Come si vede comunque, riportati sulla scena napoletana, siamo di fronte a parallelismi ambiziosi. Ma a giudicare dalle cose messe in campo finora, si ha la sensazione di un distacco ancora ampio tra parole e cose. Affidando al buon senso empirico delle cose ogni giudizio, è utile attendere lo sviluppo nelle prossime ore dei fatti. Ma le intenzioni leghiste di ribadire l'assoluta priorità della cosiddetta "questione settentrionale" non sembra possa riequilibrarsi con qualche riunione alla prefettura di Napoli del governo. Degli attori in campo e degli ammiccamenti bipartisan napoletani è meglio tacere...

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