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lunedì 2 giugno 2008

L'imprenditore ucciso doveva deporre contro i clan

 

 
L´avvocato: "Orsi temeva per la vita perché le sue confessioni erano state pubblicate"
di Raffaele Sardo
CASAL DI PRINCIPE - La campagna di sangue del clan dei Casalesi non si ferma. I killer lanciano un segnale inequivocabile a chi volesse collaborare con la giustizia. Colpisce un uomo che conosceva i segreti di clan, politica e rifiuti. Ieri, poco dopo le 12,30, a cadere sotto i colpi di pistola è stato Michele Orsi, 47 anni, già coinvolto insieme al fratello, Sergio, nell´inchiesta sullo scandalo del Consorzio Eco 4, attivo nello smaltimento dei rifiuti in diversi comuni del casertano. Una pista principale per gli inquirenti: a compiere il delitto sarebbe stata la fazione legata a Francesco Bidognetti. Lo stesso gruppo che due giorni fa ha tentato di uccidere la nipote di Anna Carrino, la pentita; lo stesso gruppo che ha ucciso il padre di un altro pentito, Umberto Bidognetti, e l´imprenditore Domenico Noviello.

Michele Orsi era uscito dalla sua abitazione, in corso Dante, al numero civico 20, a Casal di Principe, per comprare alcune bibite al «Roxibar», distante poco più di dieci metri da casa sua. Secondo una prima ricostruzione, i suoi assassini lo aspettavano al bar e per lui non c´è stato scampo. Per gli inquirenti Orsi sarebbe stato attirato in una trappola, chiamato da qualcuno che lui conosceva bene. Lo hanno finito con due colpi al torace e uno alla testa. Una esecuzione in piena regola.

C´erano già stati segnali minacciosi nei suoi confronti. Poco dopo Pasqua avevano sparato colpi di pistola contro il portone della sua abitazione. «Nelle settimane scorse qualcuno lo aveva seguito in auto - dice il suo avvocato, Carlo De Stavola - e non una sola volta. Michele aveva paura perché un quotidiano casertano pubblicò ampi stralci degli interrogatori che aveva reso nell´inchiesta in cui era stato coinvolto». Anche il fratello, Sergio, conferma che potrebbe essere stato attirato in una imboscata. «Né mio fratello né io frequentiamo i bar di Casal di Principe - dice Sergio in lacrime -. Non escludo che qualcuno l´avesse chiamato per incontrarlo. Qualcuno di cui si fidava. Mio fratello stava collaborando con i magistrati. Stava dicendo quello che sapeva. Proprio ieri stavamo discutendo sul divano di come pagare i debiti. Ci hanno sequestrato tutto. Stavamo tentando di recuperare qualcosa per far fronte alle incombenze. Piangeva perché sembrava non ci fosse via d´uscita. Io dicevo sempre all´avvocato di andare a parlare col giudice perché senza alcuna protezione quella di mio fratello era una morte annunciata. E così è stato».

Orsi aveva testimoniato qualche tempo fa nel processo che vede imputati alcuni imprenditori in una inchiesta sullo smaltimento dei rifiuti. Aveva risposto alle domande del giudice durante l´udienza preliminare e fatto dichiarazioni accusatorie, ricostruendo il sistema politico-camorristico che sarebbe dietro lo smaltimento dei rifiuti in Campania. Inoltre avrebbe dovuto deporre giovedì in un altro processo, sempre sullo stesso tema, i cui imputati sono a piede libero. Ma al momento Orsi aveva solo una vigilanza delle forze dell´ordine, con un´auto che passava sotto casa in alcune ore del giorno e della notte. Tecnicamente per gli inquirenti Orsi non si poteva definire un classico pentito ma un "imputato dichiarante", che con le sue ammissioni stava fornendo un importante contributo.

Proprio ieri, in mattinata, nel cimitero di Casal di Principe era arrivata una delegazione di 24 ragazzi di Libera-Piemonte, insieme ai testimoni di giustizia, per portare un fiore sulla tomba di Domenico Noviello. Alle 13,30,si erano ritrovati in un ristorante di San Cipriano d´Aversa quando un agente del servizio di scorta, appena ricevuta la notizia dell´agguato a Orsi, ha invitato tutti ad alzarsi e ad andare via: «Non possiamo più proteggervi ora, c´è una emergenza in atto». Un´ora prima la camorra aveva ucciso Michele Orsi.

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