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lunedì 28 gennaio 2008

Ligabue ci prova con il Fumetto

Questa mattina mi sono recato dalla mia edicola di fiducia per comprare il “Corriere della Sera”. Nel numero di oggi davano in regalo il primo numero di una collana di fumetti in formato Extra dedicato al mondo dei paperi della Disney, disegnati dal grande Carl Barks. Nello sfogliare il quotidiano, ho trovato la notizia che vi propongo sul blog. Mi sembra interessante. Vedremo se il “Liga” nazionale riuscirà anche in questa impresa. Buona lettura.Nick.

Alla vigilia di una nuova raccolta discografica e aspettando il via del tour europeo

Liga a fumetti, il rocker cerca altre strade

«Non c'è un mondo fantastico ma gli italiani sono stanchi di un Paese che litiga su tutto»

DAL NOSTRO INVIATO
CORREGGIO - E poi?
«E poi cosa?».
Musica, cinema, romanzi, poesie. E adesso anche i fumetti...
«Come dire, non ci facciamo mancare nulla». Altro che vita da mediano! Luciano Ligabue sembra più un attaccante, uno che riempie i polmoni d'aria e scatta in avanti con la voglia di centrare ancora una volta lo specchio della porta.

DiFo e Natura

Dopo i 14 concerti dello scorso inverno e la registrazione del best of «Primo tempo» (400mila copie vendute, con l'inedito «Niente paura» da tre mesi al vertice della classifica Music Control), Liga avrebbe potuto tirare un po' il fiato in attesa dei prossimi impegni: la pubblicazione della seconda parte del best of (in uscita a maggio) e la partenza del tour (europeo e italiano).
Macché, niente riposo: l'idea di tradurre in immagini il suo romanzo «La neve se ne frega » era una proposta troppo allettante per lasciarsela scappare. Soprattutto per uno come Luciano che da ragazzino si è nutrito di pane e fumetti.
«Per la verità mi sarebbe piaciuto trasformare il libro in un film. Ma innanzi tutto sarebbe stato necessario un budget hollywoodiano, e poi in Italia non esiste una location capace di poter restituire l'atmosfera del libro», racconta Luciano in un momento di relax nella sede del sito internet «Ligachannel » a Correggio.

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Nel suo romanzo, i due protagonisti DiFo e Natura vivono in un futuro dove qualcuno ha creato il migliore dei mondi possibili. Eppure alla fine prevale la «nostalgia per l'uomo così com'è, per il mondo come noi lo soffriamo, lo conosciamo e non sappiamo cambiarlo». Di questi tempi, non le sembra che il messaggio sia un po' azzardato?
«Confesso che è un romanzo ambizioso, forse anche pretenzioso. Ho immaginato un modello di vita in cui sparisse anche la più piccola traccia di alibi per l'infelicità. Malgrado queste condizioni ideali, però, l'ombra dell'insoddisfazione si allunga inesorabile su DiFo e Natura».
Morale?
«Non c'è un giardino dell'Eden. Ognuno di noi è unico e irripetibile e la felicità in assoluto non esiste. Si può invece costruire la propria felicità».
In che modo?
«Guardandosi dentro e cercando di camminare in quella direzione che ti sembra giusta, senza per questo calpestare i piedi agli altri. In questo modo, forse, si riuscirebbero a creare le condizioni per la tanto sbandierata tolleranza».
Quella che sarebbe mancata nello «scontro» Sapienza-Benedetto XVI?
«Beh, lì la faccenda è come la si intende».
Cioè?
«Se l'invito rivolto al Papa era del tipo: "Sua Eminenza, venga alla Sapienza e parliamo del rapporto fede-scienza" è un conto. Se invece Ratzinger voleva andare all'Università con la certezza di trovarsi di fronte un uditorio tranquillo, allora il discorso è completamente diverso».
E lei che idea s'è fatto?
«Che il Vaticano è diventato la vittima ed ha portato a casa un bel punto».
Insomma, come lei canta in «Buonanotte all'Italia», il nostro è un Paese diviso «fra sanpietri e madonne, fra progresso e peccato ».
«Buttata lì così sembra che sia una canzone di denuncia. E invece non lo è: è solo una lettera d'amore, magari amara, spedita all'Italia ».
Vabbé, sarà anche come dice lei, ma con il terremoto politico che si è verificato in questi giorni la strofa «Buonanotte all'Italia con gli sfregi nel cuore e le flebo attaccate, da chi ha tutto il potere e la guarda distratto» non suona terribilmente d'attualità?
«D'accordo, allora mettiamola in questo modo: io penso che gli italiani siano stanchi».
Di che cosa?
«Dei conflitti che si vedono ovunque. Dalle battaglie nei consigli comunali fino ai litigi per la nomina di questo o quell'altro alla guida di una Asl».
Ogni riferimento a fatti e personaggi è puramente casuale?
«Parlo in generale. È facile sparare sui politici. La verità è che la classe dirigente ha una bella patata bollente tra le mani. Non si riesce a governare un popolo che di base è fondamentalmente anarchico e in più vive in uno Stato dove la divisione tra regioni è ancora molto forte».
Cos'è, una difesa d'ufficio per Prodi?
«Non sono certo un mistero le mie simpatie per la sinistra. E poi non mi va di fare discorsi da bar: per me i politici non sono tutti uguali. Prodi ha il senso dello Stato, ha un grande rispetto per le istituzioni e non credo che metta al primo posto gli interessi personali. Lui sì che ha fatto di tutto per fare il mediano. Purtroppo non aveva gli strumenti per mandare avanti la sua squadra».
A proposito di «istituzioni» italiane: Sanremo è alle porte e le solite polemiche intorno al festival non si sono fatte attendere. Jovanotti però lo difende.
«Ha ragione. Anch'io credo che Sanremo sia una sorta di istituzione tutta nostra da tutelare».
Ma che lei non ha mai «sostenuto » in modo concreto...
«Provengo da una vecchia scuola e sono riuscito ad evitarlo. Ho avuto tante offerte, ma se posso scegliere preferisco non andare: la roba della gara non c'entra nulla con la mia musica. Soffrirei troppo per un giudizio pronunciato dopo appena cinque minuti d'ascolto ».
E mentre i suoi «colleghi» sfileranno sul palco di Sanremo, lei si dedicherà alla registrazione della seconda parte del best of: anche in questo cofanetto ci saranno due inediti come in «Primo tempo»?
«Chissà, forse anche qualcuno in più».
C'è da giurarci che non mancheranno note agro-dolci alla Ligabue.
«Che ci posso fare, di natura sono tendenzialmente malinconico. Una delle nuove canzoni, ad esempio, racconta di un sentimento tormentato per l'assenza di una persona ».
E ancora una volta «L'amore conta».

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