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venerdì 23 novembre 2007

The Darknight's Return


“Il Ritorno del cavaliere oscuro” in originale "The Darknight's Return", creato è disegnato da Frank Miller. E’ il primo fumetto che lessi dell’autore americano d’origine anglosassone. Mi recai dal “Supermarket del Fumetto” in Via Montesanto a Napoli. In quel periodo, più o meno una dozzina di anni fa, il fumetto americano stava attraversando un periodo molto fertile sia come quantità sia come produzione artistica. Sulla scena dei comics nuovi disegnatori e soggettisti provenienti soprattutto dal mercato inglese, davano linfa ai fumetti dei supereroi della Marvel e della DC Comics le due più grosse case di comics americani. Altre case editrici come per esempio la Dark Horse, si facevano conoscere sul mercato per una produzione che mirava soprattutto alla qualità degli autori. Erano diversi anni che i fumetti dei super eroi non si rinnovavano e la rivoluzione in questo settore la doveva soprattutto ad Alan Moore con il suo “Watchmen” che tratterò alla fine in un “post” dato che è un capitolo da affrontare con cura di dettagli ed analisi approfondita. Miller non è così facile, ma qui ci voglio provare. Dicevo sopra, che mi recai da Riccardo Siena, il proprietario del negozio di fumetti, che conoscendo la mia passione per i disegnatori, mi propose di leggere il volume in questione. Mi resi conto che mi trovavo davanti ad un lavoro che avrebbe cambiato il mio modo di leggere i supereroi. I disegni non erano di mio gusto, ma apprezzavo l’uso originale che ne faceva: le proporzioni esagerate dei corpi (scuola Jack Kirby), le scene dal taglio cinematografico, la cura dei dettagli, l’uso dei colori e il ritmo serrato dei dialoghi creavano un’opera che faceva tabula rasa di tutto quello che c’era prima. I personaggi principali anche loro sono completamente cambiati: Batman & Robin, il primo è un vecchio e l’altro un bambino. La storia si svolge in una Ghotam City cinica e corrotta dove i nostri due eroi, come novelli giustizieri cercheranno di portare ordine e giustizia. Dovranno affrontare diverse battaglie per poterlo fare e soprattutto dovranno affrontare la battaglia più dura: lottare per trovare se stessi, in un mondo che non li considera più. Finendo, posso affermare che l’opera di F.Miller è tra 'l’altro anche un’allegoria su di una società che tende ad emarginare chi è più debole e isola le persone che non fanno parte del mondo dei “Giovani e Forti”. Una denuncia ad un America edonista e Reganiana.Nico

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